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Le furbette della generazione T9 PDF Stampa E-mail
Martedì 04 Gennaio 2011 17:08

t901g(LA STAMPA) - MILANO, 4 GEN - T9 ovvero l’applicazione per scrivere sms alla velocità della luce. Ma anche il software che ha creato un nuovo modo di comunicare e una grammatica fatta di abbreviazioni, sigle e emoticons. Di questa generazione la prima cosa che colpisce, sostiene Stefania Andreoli, psicologa e presidentessa dell’associazione Onlus Alice, specializzata in problemi dell’adolescenza, «è il linguaggio. Usano espressioni adulte tipo “quella lì se le fa tutte” e vanno in quinta elementare. I riti di passaggio non ci sono più».

«I genitori», prosegue Andreoli, «hanno elaborato un’idea di paternità e maternità basata sull’assenza di conflitti. Niente di più sbagliato. I no aiutano a strutturare la personalità. Invece questi figli pretendono comprensione da tutti, ovunque, e quando non la ottengono entrano in crisi».

«Sono Giulia, una ragazzina di 13 anni e vivo in provincia di Frosinone. Amo leggere, ho una grande passione per gli animali (infatti ho 4 cagnoline S-T-U-P-E-N-D-E) mi piace anche scrivere, sto scrivendo un libro… O almeno ci provo!!! Che dire di me? Sono molto timida, mi vergogno di fare qualsiasi cosa. Ma a scuola me la cavo, direi molto bene. Forse questo è un difetto. Eh sì, per colpa della scuola non ho amici, sai mi definiscono tutti una NOIOSISSIMA SECCHIONA, io non sono così. Mi piace studiare, da grande vorrei fare la biologa. Che male c’è? Ma gli altri non lo capiscono. Soffro molto perché sono BRUTTA».

Delle ragazzine non si sa niente. Della loro quieta, eppure ansiosa normalità quasi nessuno ha notizie. Abbondano i segnali d’allarme, le anoressie, le bulimie, il velinismo precoce, ma è davvero così?

«Dyou» un nuovo mensile Disney, arrivato al quarto numero, ha raccolto quasi 8mila tra post e e-mail di lettrici ( tra gli 11 e i 20 anni) creando uno specialissimo database dell’adolescenza (la preadolescenza pare non ci sia più). Invece di limitarsi a rispondere alle lettere, il direttore, Veronica Di Lisio ha offerto all’associazione onlus «Alice» la possibilità di studiare quella che il team ha chiamato «generazione T9», definizione legata al sistema di scrittura dei messaggi. Per chi non lo sapesse, il software, sviluppato dalla Tegic Communications nel ’99, seleziona per approssimazione parole di senso compiuto, creando quasi una nuova grammatica, provocando equivoci, sostituendo un termine con un altro. Nessuno meglio di una teenager sa usare il T9 per costruire il proprio linguaggio. Scrive Wall-e.208: «Sono una girl vivace, forse troppo, e quando mi piace un boy ci parlo e dopo averci fatto conoscenza mi emoziono e inizio a innervosirmi e a parlare a diritto di tutto ciò che penso o che mi passa per la mente insomma divento pazza! Puoi Darmi Un Consiglio???».

In questo mondo di romanticismo con influssi vampireschi («Twilight» ha colpito) i genitori sono del tutto assenti. Non si parla mai di loro, né in termini conflittuali, né in termini di dialogo. Solo un paio di accenni. C’è la mamma di Giorgia («Dice che sto meglio con i capelli legati, io non sono d’accordo»), e quella di Valentina («Non mi lascia andare al campo scuola in Sardegna»), per il resto, silenzio. Come se non ci fossero più prescrizioni, regole su cui discutere, ma neanche vera comunicazione.

I dilemmi che si riversano nello sportello invisibile di «Dyou» riguardano il rapporto con l’esterno (25 per cento), con se stesse (7) con la famiglia, con l’amore (15) con l’amicizia (8). La domanda più comune è: come faccio? «Come faccio a sapere se lui è innamorato di me?» (11 anni); «Come si fa a capire qnd è il raga giusto?». Sono insicure, chiedono aiuto: «Lui non sa neanche che esisto! Non so come dirglielo». «Mi piace un mio compagno di classe che piace anche alla mia best e non so se dirglielo, a lei». «Mi piace un ragazzo quasi diciannovenne ed io sono quasi tredicenne. L’età conta???».

Sul corpo sono ipercritiche («Sono grassottella, gli occhi sono l’unica cosa che apprezzo di me») si scrutano, si confrontano, alcune parlano già di «mancanza di autostima». Il corpo serve a farsi accettare, non è più un’espressione di sé, è uno strumento, perciò niente sfugge: i peli, i brufoli, e quanto trucco è concesso in prima media, e «tra un po’ mi verranno le mestruazioni ed il seno?». La corsa verso il mondo adulto (che ha fatto parlare di «sindrome di Lolita») è inarrestabile, in un misto curioso di innocenza, consumismo (smalti, lucidalabbra) e disincanto («Essere me stessa? Con lui non può funzionare, perché guarda solo il fisico»). «Un ragazzo della mia classe mi ha detto che gli piaccio», confessa Pozzanghera, «lui è anche il figlio di un amico di papà: non avrei niente in contrario nel mettermi con lui, il problema è che è infantile, e fa l’esibizionista con le altre...». Quanti anni ha questa puntigliosa ragazzina? Undici. E ha tanta, tanta fretta di crescere.