Lo psicologo e il counselor: la Professione fa la differenza! |
Sabato 31 Agosto 2013 22:30 |
Sono apparsi sulla stampa, vari articoli in merito alla vicenda di un'infermiera che, dopo aver offerto un "supporto psicologico" in quanto formatasi anche come counsellor, si è vista vittima di atti di stalking da parte dell'assistito.
A tal proposito lo staff di Psicoeuropa ha intervistato due colleghe (Leila Rumiato e Simona Mreule) esperte in deontologia. Quali sono le azioni che un Ordine deve fare quando ci sono queste vicende e quali riflessioni offre una vicenda così complessa ? L'Ordine, in materia di tutela della professione, si vede quotidianamente impegnato in azioni importanti. In particolare, in merito agli articoli usciti, si deve attivare al fine di verificare se non sia necessario un intervento diretto. Certamente l'Ordine dovrà avere cura di prender contatto con il Pubblico Ministero che si occupa del caso per comprendere se il professionista in questione abbia effettivamente fatto dei colloqui psicologici o se questi rientrano in colloqui di Counselling (in quanto, prima di qualsiasi azione, si rende necessario essere certi che sia stato commesso un abuso di professione).
Agli "psi-" si richiede una laurea, un esame di Stato per esser considerato a tutti gli effetti psicologo, una specializzazione di ulteriori quattro anni (riconosciuta dal MIUR) per essere psicoterapeuta ed una formazione continua; al counsellor non viene necessariamente riechiesto nè un titolo universitario nè una specializzazione ma è sufficiente effettuare la partecipazione ad un corso triennale presso Scuole di Specializzazione in Psicoterapia o presso Enti Formativi che rilasciano un attestato. A questo proposito, differente è lo psicologo counsellor che deve sottostare al Codice Deontologico e deve iscriversi ad un Ordine a cui spetta il controllo del suo operato, ed un counsellor non psicologo in quanto, ad oggi, il counselling è una professione non organizzata, ovvero priva di una legge istitutiva e di un ordine professionale.
Oltre a ciò, lo psicologo, nel suo percorso formativo, viene ben strutturato ed istruito, specie se psicoterapeuta, a prevenire, riconoscere o comunque affrontare con professionalità situazioni di "innamoramenti", transfert, etc.... processi che, se non vengono preventivamente ipotizzati, potrebbero, come dimostrato, creare grosse e spiacevoli difficoltà relazionali, come spesso accade in professioni che sono considerate "affini" o simili al lavoro psicologico, solo per il fatto che adottano, non con meno professionalità, l'ascolto e la parola, ma con finalità differenti all'interno di processi che mirano ad accompagnare il cliente/paziente in direzioni più "esterne e superficiali" (counsoller) o più intime e profonde (lo psicologo). Infine, crediamo sia giusto che tutti, dall'Ordine a ciascun iscritto ad esso, promuova nel quotidiano la conoscenza che le professioni di psicologo e psicoterapeuta, oltre ad una formazione molto lunga e strutturata (cosa che non avviene per tutte le altre figure considerate da molti come "simili"), sono obbligati a garantire, a sè ed ai propri pazienti, un aggiornamento continuo (all'art. 5 del Codice Deontologico Italiano), e sono sottoponibili a commissione deontologica, che ha il compito specifico di valutare il comportamento del professionista (nel rispetto del ruolo, della professione, dell'adeguatezza dell'intervento e persino nel decoro!), con la possibilità di essere penalizzati fino alla radiazione dall'albo (che impedisce, di conseguenza, al professionista, di poter più svolgere la professione). Detto ente di tutela della professione, ma soprattutto dell'utente/paziente/cliente, non esiste per le altre figure di cui abbiamo parlato. |