La demenza sotto la lente psicosociale: lo stato dell’arte dei sistemi educativi accademici e di quelli politico- governativi Stampa
Sabato 19 Ottobre 2019 06:43

demenza

Ottoboni, Giovanni1,2, Chirico, Ilaria3, Chattat, Rabih3

La demenza è una delle sindromi che molte Agenzie mondiali indicano tra le priorità che gli Stati dovrebbero affrontare perché viene considerata un problema di sanità pubblica: ogni anno, circa 10 milioni di persone ricevono diagnosi di demenza (Alzheimer Europe Office, 2018; ‘G20 summit in Osaka, Japan, 28-29/06/2019—Consilium’, 2019; OECD, 2019; WHO &Alzheimer’s Disease International, 2012).

Si prevede che entro il 2050 ci saranno 40 milioni di persone che insieme alle loro famiglie dovranno far fronte ai sintomi e alle necessità che tale malattia presenta se non saranno individuati rimedi, farmaci o interventi curativi nel frattempo (Health Policy Analyst, Health Division, OECD, 2018).

Inoltre, la demenza è una delle principali cause di dipendenza tra gli anziani perché influenza le capacità d’apprendimento, di linguaggio, di orientamento, di comprensione e di giudizio oltre che la vita sociale e relazionale, con pesanti conseguenze significative su coloro che sono chiamati a prendersene cura (WHO, 2017).

Sfortunatamente, una cura efficace non è stata ancora trovata, ma ciò non significa che nulla si possa fare. Sul versante psicosociale, infatti, gli interventi non farmacologici hanno prodotto effetti positivi rimarchevoli: capaci di preservare la personalità, migliorare il benessere e le relazioni interpersonali, le capacità funzionali quotidiane e persino le capacità cognitive; queste attività di presa in carico migliorano efficacemente la qualità della vita sia della persona affetta da demenza che quella dei caregivers (Cooke, McNally, Mulligan, Harrison, & Newman, 2001; Eggermont & Scherder, 2006; McDermott et al., 2019; Moniz-Cook, Vernooij-Dassen, Woods, Orrell, & Interdem Network, 2011; O’Connor, Ames, Gardner, & King, 2009b, 2009a; Olazarán et al., 2010; Pusey & Richards, 2001).

 

 

Analisi del contesto

La comprovata efficacia trova ostacoli nella loro applicazione nel percorso di cura (Downs, Capstick, Baldwin, Surr, & Bruce, 2009; Draper, Low, Withall, Vickland, & Ward, 2009) dovuta a: per mancanza di strutture recettive (Cadieux, Garcia, & Patrick, 2013; Cheston, 2000; Gevers, 2006; Hinton et al., 2007), generale mancanza di conoscenza circa la malattia e limitata preparazione degli operatori (Cadieux et al., 2013; Krolak-Salmon et al., 2017; Van Der Roest et al., 2007), presenza dello stigma, non adeguatezza del processo di trasferimento delle conoscenze delle evidenze scientifiche alla prassi di cura.

All’interno di un progetto Europeo dal titolo evocativo, SiDeCar - Skills In DementiaCARe - Building psychosocial knowledge and best practice in dementia care, si è cercato di capire quali fossero le barriere che ostacolo la diffusione degli interventi psicosociali nella realtà pratica. Il progetto, finanziato attraverso il programma Erasmus+, indaga, da un lato, lo stato in cui versa l’educazione universitaria europea, dall’altro le politiche sulla demenza diffuse in ambito europeo con un focus specifico sull’ l’assistenza psicosociale alle persone con demenza, loro famigliari nonché l’assistenza agli operatori impegnati con i malati.

 

 

Risultati dello studio

Lo scenario che emerge relativamente ai corsi di studio triennali, magistrali e post-lauream focalizzati sui principi teorico/pratici dell’assistenza psicosociale del malato è fortemente frammentato e disomogeneo. Di fatto, la Classificazione Internazionale Standard dell'Istruzione dell’UNESCO- ISCED- non annovera né la demenza, né tanto meno l’approccio psicosociale tra le discipline da apprendere durante il normale percorso universitario, e questo potrebbe ricollegarsi al fatto che, attualmente, i corsi di studio che istruiscono circa l’assistenza psicosociale al malato sono offerti attraverso master professionalizzanti.

Lo stesso scenario indica anche che le tematiche psicosociali vengono offerte a spot, con taglio a volte teorico a volte pratico, a volte elettivo, a volte obbligatorio, a seconda del corso di laurea in cui l’insegnamento viene erogato.

Di fatto, emerge che raramente gli insegnamenti in ambito psicosociale ricoprono per intero il corso di studi accademico, il più delle volte erano inseriti in moduli erogati all’interno dei corsi. Dall’analisi fatta durante il progetto succitato emerge la necessità di inserire propedeuticità di varia natura antecedenti all’erogazione delle conoscenze psicosociale: gli insegnamenti l’analisi raccolse erano in maggioranza corsi specialistici, post-triennale (Ottoboni et al., Submitted).

Parallelamente, dall’analisi effettuata sulle politiche europee sulla demenza attraverso l’analisi dei piani nazionali e delle linee guida è emersa una situazione piuttosto frammentata (Chirico et al., Submitted). In buona parte dei documenti analizzati, si fa riferimento solo agli interventi di tipo farmacologico e, anche laddove viene fatta menzione delle cure psicosociali, ben poche informazioni sono fornite. Quali siano gli interventi psicosociali maggiormente supportati dall’evidenza scientifica, quali le figure professionali e i servizi coinvolti restano quesiti insoluti.

È necessario pertanto declinare politiche che, secondo un’ottica bio-psico-sociale, riescano a integrare sia le cure farmacologiche che gli interventi psicosociali. Inoltre, statements circa l’utilità delle cure psicosociali devono essere accompagnati a indicazioni, seppur di indirizzo generale, circa la loro applicazione nella realtà clinica.

 

 

Conclusioni

Per far sì che le persone con demenza, i loro familiari e anche gli operatori impegnati professionalmente possano ricevere quelle attenzioni di carattere psico-sociale che effettivamente producono benefici, occorre colmare il divario tra ricerca e pratica lavorando, in primis, sul piano formativo: realizzando percorsi educativi accademici capaci di sviluppare competenze basate sulle evidenze, promuovendo e valorizzando la conoscenza dei modelli psicosociali di cura in coloro che verranno coinvolti nei contesti di cura e pianificazione sociosanitaria delle demenze.

Allo stesso tempo occorre riorganizzare i piani normativi nazionali ed internazionali in modo che vengano indicati specificatamente e sempre sulla base delle evidenze scientifiche disponibili, gli interventi da adottare nelle varie circostanze.

L’obiettivo del lavoro appena riportato è la promozione in ambito scientifico, professionale e direzionale di una cultura delle demenze che integra la prospettiva psicosociale. Perché questo avvenga occorre che lo stato dell’arte emerso dalle analisi succitate venga preso in seria considerazione a livello accademico da studenti, insegnanti, direttori di dipartimento / scuola e dai Rettori in modo che quella psicosociale diventi una prospettiva da apprendere e mettere in pratica una volta terminati gli studi.

Occorre inoltre che gli operatori della salute, i professionisti, i responsabili ed i rappresentanti delle varie Agenzie si impegnino per non smettere di adottare una prospettiva di cura centrata sulla persona, anzi la promuovano per superare quella centrata esclusivamente sulla malattia e sui sintomi.

Occorre, infine, che si operi un cambiamento culturale generale le modalità di presa in carico, in cui il tempo cura sia valorizzato nei modi e nei tempi che ognuno può affrontare.

 

  1. 1Centro Interdipartimentale di Ricerche sul Cancro "Giorgio Prodi", Università di Bologna, Policlinico San Orsola, Bologna, IT
  2. 2Ordine degli Psicologi Friuli-Venezia Giulia
  3. 3Dipartimento di Psicologia, Università di Bologna, Bologna, IT

Bibliografia

Cadieux, M.-A., Garcia, L. J., & Patrick, J. (2013). Needs of people with dementia in long-term care: A systematic review. American Journal of Alzheimer’s Disease & Other Dementias®, 28(8), 723–733.

Cheston, R. (2000). Involving people who have dementia in the evaluation of services: A review. Journal of Mental Health, 9(5), 471–479.

Chirico, I., Chattat, R., Povolná, P., Dostálová, V., Holmerová, I., Janssen, Ni., … Ottoboni, G. (Submitted). Integration of psychosocial care into dementia policy across Europe: Evidence from the SiDECar (“Skills in DEmentia Care”) project.

Cooke, D. D., McNally, L., Mulligan, K. T., Harrison, M. J. G., & Newman, S. P. (2001). Psychosocial interventions for caregivers of people with dementia: A systematic review. Aging & Mental Health, 5(2), 120–135.

Downs, M., Capstick, A., Baldwin, P. C., Surr, C., & Bruce, E. (2009). The role of higher education in transforming the quality of dementia care: Dementia studies at the University of Bradford. International Psychogeriatrics, 21(S1), S3–S15. https://doi.org/10.1017/S1041610209008837

Draper, B., Low, L.-F., Withall, A., Vickland, V., & Ward, T. (2009). Translating dementia research into practice. International Psychogeriatrics, 21(S1), S72. https://doi.org/10.1017/S1041610209008709

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Olazarán, J., Reisberg, B., Clare, L., Cruz, I., Peña-Casanova, J., del Ser, T., … Muñiz, R. (2010). Nonpharmacological Therapies in Alzheimer’s Disease: A Systematic Review of Efficacy. Dementia and Geriatric Cognitive Disorders, 30(2), 161–178. https://doi.org/10.1159/000316119

Ottoboni, G., Chirico, I., Povolná, P., Dostálová, V., Holmerová, I., Jansen, N., … Chattat, R. (Submitted). Psychosocial care in dementia in European Higher Education: Evidence from the SiDECar (“Skills in DEmentia Care”) project.

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