L'osservazione dell'interazione madre-bambino: i modelli Stampa
Venerdì 07 Gennaio 2011 07:18

mamma_figlioIl confronto con il Modello Funzionale

Dott.ssa  Erica Cossettini - Psicologa-psicoerapeuta

La Psicologia funzionale, che da anni opera nell’ambito clinico e della ricerca scientifica ha elaborato una Teoria della personalità che fonda nelle esperienze relazionali precoci, le Esperienze di Base del Sé, il progressivo strutturarsi dell’organizzazione del Sé. 
"La concezione Funzionale del Sé è l’insieme di tutti i piani, i processi funzionali e delle leggi che ne regolano i Funzionamenti e le interazioni, anche nel periodo neonatale". (Rispoli, 2004, pag. 48)


In sintonia con gli autori a cui faremo brevemente cenno, il modello Funzionale identifica, nella qualità delle relazioni primarie, le basi di un pieno e buono sviluppo armonico per la vita futura.

1.1 L’attaccamento

Bowlby (1969) ha definito il legame di attaccamento come un pattern comportamentale presente fin dalla nascita che si sviluppa indipendentemente dalla soddisfazione dei bisogni fisiologici di base. L’attaccamento è una classe di comportamenti intenzionalmente rivolti a provocare e mantenere la vicinanza delle figure principali di riferimento. L’attaccamento ha origine da un certo numero di sistemi comportamentali caratteristici della specie, individuati, nel caso dell’uomo, in succhiare, aggrapparsi, seguire, piangere. L’autore afferma, inoltre, che esistono dei sistemi di controllo organizzati ed attivati in modo che il bambino tenda a mantenersi in prossimità della madre; l’equilibrio dinamico che si osserva nella distanza fisica tra madre e bambino non supera mai un limite massimo accettabile per entrambi. Tale equilibrio risulta dalla combinazione di quattro comportamenti, di cui due appartenenti al bambino (attaccamento e attività esplorativa) e due alla madre (atteggiamento protettivo e atteggiamento oppositivo): generalmente uno dei comportamenti viene attivato o inibito dall’azione degli altri.
Secondo Bowlby (1969), il comportamento di attaccamento del bambino è predisposto per un ambiente che contiene una figura di riferimento, come la madre, accessibile e che risponda alle richieste che egli esprime. L’attaccamento è un legame tra il bambino e la madre che, una volta formato, si mantiene anche in presenza di una separazione breve o, se lunga, con un sostituto materno.
Secondo la visione Funzionale, fin dalla nascita, "l’individuo si muove spinto da bisogni fondamentali, che hanno la necessità di essere soddisfatti" come il bisogno di ritrovare lungo tutta la vita esperienze che procedono in queste direzioni, indispensabili per il benessere dell’individuo". (Rispoli, 2004, pag. 63)
Con la Teoria Funzionale, si va oltre il concetto di semplice attaccamento, affermando che ogni bambino sano, con mobilità, ricercherà sempre esperienze che gli permetteranno di soddisfare i Bisogni Fondamentali, con oggetti e persone, nel limite del possibile intercambiabili. Questi Bisogni sono le direzioni lungo le quali si espande il Sé, e i modi attraverso i quali si concretizzano i Bisogni sono le Esperienze Basilari del Sé. Le EBS sono esperienze concrete di vita e "di relazione che rendono possibili queste direzioni di sviluppo"(Rispoli, 2004, pag.68).
Nell’ambito della teoria dell’attaccamento viene utilizzato il concetto di responsività per definire la risposta pronta e adeguata ai bisogni del bambino. Winnicott (1965), Lacan (1966) e Bion (1962), sottolineano l’eccessiva unidirezionalità di questo concetto ed evidenziano come tra il bambino e le sue figure di riferimento la responsività sia reciproca, centrata su una precoce condivisione di affetti ed emozioni e attivata dalla competenza comunicativa dello stesso neonato. la teoria funzionale si colloca in questa cornice teorica riconoscendo al neonato il possesso alla nascita di tutte le funzioni e di un buona capacità di interagire con i partners contribuendo a determinare il campo relazionale e le esperienze di base che vi si producono.
Rispoli parla dell’Esperienza Basilare del Contatto Attivo, secondo la quale il bambino è capace molto presto di prendersi il contatto e l’attenzione del genitore: lo può fare coi sorrisi, con la voce o con il corpo, tendendo le braccia.
L’alterazione di una determinata Ebs è determinata da un attraversamento non pieno e non sufficientemente buono della stessa, durante l’infanzia. questo produce una alterazione nello sviluppo del sè tale da ostacolare una piena integrazione funzionale e lo strutturarsi di un sè armonico e adattivo questo concetto, introdotto dalla teoria funzionale, ci aiuta a spiegare, in maniera più approfondita ed integrata, ad esempio, ciò che Ainsworth (1978) definiva come attaccamento insicuro.
I tipi di attaccamento insicuro sono stati ripresi anche da uno studio di Main (1995), che ha evidenziato come corrispondano a vere e proprie strategie difensive di tipo interazionale che il bambino adopererebbe a fronte della mancata o insoddisfacente responsività della madre. Precedentemente, le ricerche della Ainsworth (1977), attraverso l’utilizzo della Strange Situation1 avevano permesso di evidenziare una correlazione significativa tra responsività della madre ai bisogni del bambino, nel primo anno di vita, e il tipo di attaccamento alla madre da parte del bambino misurato a 1 anno. In tale ambito, un attaccamento sicuro del bambino alla madre corrispondeva una madre responsiva ai suoi bisogni, l’attaccamento insicuro evitante era in relazione ad una madre non responsiva e rifiutante, mentre all’attaccamento insicuro ambivalente si correlava una madre non responsiva in modo intermittente, ma non rifiutante.
Alla luce del modello Funzionale anche la classificazione di Main risulta riduttiva: la non positività di Esperienze come, ad esempio, il Chiedere, ma anche il Contatto, l’Essere Tenuti, l’Essere Presi o "la carenza in cui vengono vissute, lasciano alterazioni sui vari piani del Sé. Tali alterazioni sono segnali che si manifestano molto prima di qualunque disturbo, sintomo o disagio sia psichico che corporeo". (Rispoli, 2004. pag.299)
Studi behaviouristi di misurazione della responsività materna (Isabella, 1993), iniziano a determinare l’impoverimento di tale costrutto fino a metterlo in crisi (van Ijzendoorn, Juffer, Duyvesteyn, 1995) proprio in quanto definito prevalentemente in termini di tipo comportamentale, come capacità della madre o delle figure di riferimento di riconoscere e rispondere adeguatamente e prontamente ai bisogni segnalati dal bambino.
Anche in seguito ad interventi di tipo pedagogico, allo scopo di modificare la responsività della madre nei confronti del proprio figlio (Juffer, van Ijzendoorn, Bakermans-Kranenburg, 1997), è risultato che essa, pur avendo acquisito capacità responsive di tipo comportamentale, può trovarsi in difficoltà a rispondere alle richieste di tipo emotivo poste dal bambino.
Tutto ciò porta, dunque, a ripensare la responsività in termini non solo di risposta comportamentale, ma anche di comunicazione affettiva. La Teoria Funzionale afferma quanto sia indispensabile, infatti, che le Esperienze Basilari possano essere vissute pienamente, in una partecipazione integrata di tutti i piani: emotivo, cognitivo (fantasie, pensieri, ...), posturale (movimenti, atteggiamenti del viso e del corpo, ...) e fisiologico (respiro, battito cardiaco, ...). Vivere le EBS con completezza e piacevolezza fa si che il bambino, possa esplorare il mondo, senza irrigidirsi, diventando un adulto che sta bene con se stesso.

1.2 Emozioni e competenza emotiva

Un dato saliente derivante dalle ricerche sullo sviluppo emotivo del bambino, riguarda la sua capacità di manifestare, fin dai primi mesi di vita, emozioni appropriate al suo contesto sociale: tale competenza emotiva si configura come risposta, su base innata, agli stimoli sociali specifici che il neonato è in grado di percepire in riferimento all’ambiente.
La capacità di espressione e di riconoscimento delle emozioni presenti nel bambino fin dai primi mesi di vita, si rivela appropriata all’interlocutore e in grado di suscitarne specifiche reazioni emotive. A questo riguardo, Malatesta e Havilland (1982), studiando la comunicazione madre-bambino a tre e sei mesi, mettono in luce un cambiamento, in quel periodo, nelle modalità di espressione emotiva del bambino con una diminuzione significativa a sei mesi delle emozioni negative e un aumento di quelle positive. Le madri, inoltre, in quell’arco di tempo, diversificano le loro modalità espressive, comunicando soprattutto emozioni come la gioia e la sorpresa. Nel caso di interazioni patologiche, invece, avverrebbe una comunicazione prevalente di emozioni negative.
In accordo con questi risultati, l’ipotesi della presente ricerca, che sarà più dettagliatamente presentata nel prossimo capitolo, è che il disagio neonatale sia correlato significativamente ad alterazioni delle relazioni con le figure di riferimento ed in particolare ad alterazioni delle Esperienze di Base del Sé, che si sperimentano soprattutto nei primi dodici mesi di vita all’interno delle relazioni primarie.
Emde (1983,1992) sottolinea l’importanza delle emozioni nello sviluppo psichico, attribuendo loro la funzione di ponte tra il bambino e la realtà che lo circonda, tra il suo mondo intrapsichico e quello interazionale. In particolare, secondo Emde, le prime rappresentazioni, delle proprie esperienze interattive, si strutturerebbero, nel bambino, in relazione ad aspettative di emozioni positive: le prime rappresentazioni delle interazioni con i genitori, dunque, si costituiscono attraverso la codifica di sequenze di azioni o copioni (script) marcate da temi affettivi.
In un’analoga prospettiva si pone Stern (1985,1995,1998), rilevando come il bambino costruisca fin dai primi mesi di vita degli "schemi di essere con", costituiti dalla codifica dei primi eventi interazionali che sperimenta con le figure di riferimento. Tali schemi costituiscono la base per la costruzione di rappresentazioni generalizzate delle interazioni tra sé e gli altri. La Teoria Funzionale precisa che "il neonato organizza la propria relazione con l’ambiente attraverso l’utilizzo di tutte le Funzioni del Sé", costruendo "un modello del mondo attraverso cui poter intervenire. Impara a riconoscere quegli elementi che nelle varie esperienze si mantengono costanti, quelli che Stern (1985) definisce i primi involucri di esperienze" (Rispoli, 2004, pag. 49). Il modello della Psicologia Funzionale riprende questo concetto evidenziando che altro non è che un "insieme di Funzioni del Sé raccolte intorno ad un evento che assume un andamento più o meno costante"(Rispoli, 2004, pag. 68) o meglio che "tutti i piani Funzionali della persona, contribuiscono a formare non soltanto un semplice involucro di esperienza, ma anche qualcosa di più significativo come un’Esperienza Basilare del Sé, che consolidandosi e rafforzandosi nel suo ripetersi positivo, diviene capacità, patrimonio della persona"(Rispoli, 2004, pag.69).
Più precisamente, "l’apprendimento sarebbe impossibile se non ci fosse un’integrazione iniziale tra i diversi livelli Funzionali, i quali, interagendo insieme, determinano quelle che sono le costanti, emotive-posturali-fisiologiche-ideative, di una determinata esperienza" (Rispoli, 2004, pag.50).
Attraverso un approccio che si rifà alla psicoanalisi e alla teoria dell’attaccamento, Haft e Slade (1989) evidenziano come le madri sicure (secondo l’AAI), e quindi in grado di integrare affetti positivi e negativi in relazione alle loro esperienze infantili, si dimostrano capaci di rispondere in modo sintonizzato ai diversi stati emotivi, positivi e negativi, espressi dal proprio figlio. Le madri distanzianti, invece, si dimostrano incapaci di accettare e di sintonizzarsi con le emozioni negative, mentre si sintonizzano selettivamente in relazione alle esperienze positive espresse dal figlio. Anche questo punto di vista è ampliabile, in riferimento al modello Funzionale, mettendo in relazione l’integrazione dei piani della madre con le risposte non solo emotive, ma anche cognitive, posturali e fisiologiche del figlio.

1.3 La relazione

Winnicott (1958) aveva già sostenuto l’esistenza di un’area di interazione madre-bambino nella quale si sviluppa una forma privata ed esclusiva di comunicazione. In seguito, altri (Brazelton 1975; ...) hanno osservato l’esistenza di un sistema affettivo di risposta nel quale madre e bambino mescolano i propri comportamenti in un reciproco scambio, per esempio col guardare, col tono della voce, col movimento del corpo.
Stern (1985) sostiene che per spiegare la complessità della comunicazione precoce è necessario tenere in considerazione sia una sequenza di stimolo-risposta alternati sia una capacità di sincronizzazione simultanea.
In particolare, Stern (1998) propone il termine di sintonizzazione affettiva riferendosi all’esistenza di comportamenti che esprimono le qualità del sentimento condiviso senza tuttavia imitarne l’espressione comportamentale. I comportamenti di sintonizzazione "riplasmano l’evento e spostano l’attenzione su ciò che sta dietro il comportamento, sulla qualità dello stato d’animo condiviso". La sintonia tra madre e figlio inizia molto presto: "già durante la gravidanza inizia un rapporto intenso che passa attraverso tutto il corpo, di entrambi". (Rispoli, 2003, pag 8). Se la madre vive in una condizione di benessere corporeo, il bambino lo percepisce, mentre non coglie pensieri o eventuali preoccupazioni.
Altri studi hanno approfondito l’influenza di altri fattori significativi sulla responsività materna: la presenza e il coinvolgimento del padre (van Ijzendoorn, De Wolff, 1997; ...), l’esistenza di reti di supporto come i nonni, l’asilo, ...(Cowan, 1997).

1.4 Il contatto

In ambito psicodinamico, per primo Freud ha sottolineato l’importanza del ruolo delle sensazioni cutanee nella formazione dell’Io. Egli afferma che il corpo e soprattutto la superficie è il luogo dove possono generarsi contemporaneamente percezioni interne ed esterne. Dal mondo delle percezioni emerge la percezione del proprio corpo. L'Io è per Freud (1922) prima d'ogni altra cosa un Io-corpo che svolge la funzione di pervenire ad una generale rappresentazione del proprio corpo e dell'immagine di Sé. Con Winnicott (1970) la teoria psicoanalitica si sposta dal seno e dall’oralità, per occuparsi del contatto corporeo, dell’holding (contenimento) e della madre sufficientemente buona. Secondo Winnicott (1970) è importante soprattutto che la madre tenga fisicamente il bambino, il che corrisponde ad una forma di amore. Questo autore si riferisce ad una madre che esiste, ama il figlio in modo fisico, garantendogli contatto, calore corporeo e cutaneo, movimenti o tranquillità a seconda dei suoi bisogni.
Montagu (1989) insiste sull’importanza della pelle in quanto organo determinante nello sviluppo del comportamento umano: per tatto intende il contatto soddisfacente, che può avvenire con le carezze, le coccole, gli abbracci, l’aggrapparsi. Il piacere tattile soddisfacente nella prima infanzia svolge un ruolo fondamentale nello sviluppo ulteriore dell’individuo. Il bambino ha bisogno di apprendere sulla solida base del tatto cosa significhino l’intimità, la prossimità, la distanza e il distacco.
La reciproca stimolazione intercutanea tra madre e figlio rappresenta, dopo la nascita, una delle condizioni essenziali per la secrezione da parte dell’ipofisi della prolattina, ormone importante per l’avvio e il mantenimento della lattazione. Harlow (1959), afferma che lo stretto contatto è la variabile primaria che lega la madre al piccolo. L’affetto materno, secondo questo autore, raggiunge il massimo durante gli stessi contatti fisici madre-figlio e sembra declinare man mano che questo contatto corporeo diventa meno frequente (Harlow, 1959).
Reich (1959) sostiene che la funzione della madre (o di chi ne fa le veci) è di procurare piacere al neonato in modo che possa entrare in "contatto"con lei, per poter sviluppare il suo innato potenziale di crescita.
Nell’ambito del modello Funzionale, il Contatto è una delle Esperienze Basilari del Sé: attraverso il contatto di pelle, sguardi, suoni, odori, emozioni e immaginazioni si può sentire il mondo circostante. Nel contatto madre-bambino i confini si sciolgono e avviene uno stare, un sentire dentro l’altro, attraverso un flusso di sensazioni. Il Contatto può subire anche un’alterazione, ad esempio, quando il bambino non riceve sufficiente nutrimento e interesse o quando il Contatto è fondato sull’urgenza. (Rispoli, 2004)

1.5 Conclusioni

Molte ricerche e studi hanno indagato il funzionamento del neonato, evidenziando quanto sia importante l’interazione che egli ha con l’ambiente e le persone che lo accudiscono. in questa breve presentazione abbiamo ricordato alcuni di questi studi e alcune teorie tra le più importanti, mettendole a confronto con la Teoria Funzionale.
Secondo il modello Funzionale (Rispoli, 2004), alcune esperienze primarie come il Contatto (fisico, visivo, uditivo) tra neonato e madre, l’Essere tenuti, l’Essere considerati, il Lasciare e le altre Esperienze di Base, sono indispensabili per uno sviluppo armonico.
La Psicologia Funzionale definisce queste esperienze indispensabili come Esperienze Basilari del Sé: esse sono i mattoni che consentono di mantenere l’integrazione del sé, di sviluppare le capacità vitali e relazionali, di conservare benessere e salute. Il bambino, spinto dalla necessità di soddisfare Bisogni Fondamentali come quello di nutrimento, calore, amore, movimento, ...deve attraversare, ripetutamente in modo positivo, queste Esperienze di Base al fine di perseguire il benessere psicofisico e uno sviluppo armonico del Sé.


BIBLIOGRAFIA

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Bion W. R. (1972). Apprendere dall’esperienza. Armando, Roma.

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Rispoli L. (2004). Esperienze di base e sviluppo del Sè. F. Angeli, Milano.

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